lunedì 24 novembre 2008

Spaniliano

Come è noto, gli stranieri hanno seri problemi a distinguere fra la lingua italiana e la lingua spagnola. In genere considerano una delle due una specie di dialetto derivato dall’altra, con scarsissime differenze sostanziali.

Una volta sulla metropolitana è salito un gruppo di signore spagnole, nemmeno più tanto giovani, che facevano più casino di 6 classi di 13enni in gita scolastica. Ridevano sguaiate e si agitavano per il solo gusto tutto latino di fare un po’ di baccano.
Una donna seduta accanto a me ha sospirato volgendo gli occhi al cielo: “ah, les italiens…”. Mi sono sentita in obbligo di precisare che le signore erano spagnole, e che lo avevo capito NON perché parlo spagnolo… Quando ho dichiarato la mia nazionalità, la donna ha avuto un attimo d'imbarazzo e io, colta da compassione per la sua ignoranza, non me la sono sentita di infierire come si sarebbe meritata.

Proprio in questi giorni, sempre nella metropolitana, è comparsa l’enorme pubblicità di un fumetto satirico su Sarkozy e la sua chiacchierata consorte. Titolo: “Carla et Carlito. Ou la vie de Château”. L’evidente tentativo di ribattezzare Nicolas con un nome italianizzante, per metterlo in stretta relazione con la moglie, nome che invece è spagnolo, mi fa sospirare e volgere gli occhi al cielo….

lunedì 3 novembre 2008

Départements et territoires d'outremer italiani

Stasera, finalmente, dopo aver chiamato a destra e a manca i telefoni fissi di mezzo mondo, ho avuto l’accortezza di controllare quali chiamate internazionali sono comprese nel mio abbonamento.
Infatti, qui in Francia tutti gli operatori offrono abbonamenti a 30 euro, comprensivi di adsl illimitato, TV satellitare e telefonate ai numero fissi di svariati paesi.
Scopro così di poter chiamare in “Italie (y compris Sardaigne et Sicile)”.
Ma pensano che la Sardegna e la Sicilia siano come i loro territori oltremare (DOM-TOM), ovvero delle ex-colonie con amministrazione speciale?
Bhà… Forse fra i loro consulenti c’è qualche leghista…

venerdì 12 settembre 2008

Un Papa a Parigi

Ma insomma, basta!
Come raccontato nel post precedente, ultimamente sono circondata da simboli e richiami al cattolicesimo. E adesso ci si mette anche il Papa in persona! Proprio questa mattina, infatti, il Ratzy è sbarcato a Parigi per la sua prima visita in Francia. E subito la stampa e l’opinione pubblica si è scatenata contro Sarkozy, perché pare che il presidente abbia la tendenza a dare troppo peso ai credenti cristiani, in evidente contraddizione con i principi di laicità su cui si basa la Repubblica francese.
Proprio ora in TV, il presidente si sta accalorando a rassicurare che questi principi non sono in pericolo. E ci mancherebbe! Metterli in discussione equivarrebbe a un suicidio politico. La gente scenderebbe in piazza coi forconi, come ai bei tempi di Luigi XVI.

Parole chiave e argomenti trattati: génétique, bioéthique, tolérance, dignité humaine, multiplié de la France avec racine chrétienne, fanatisme.
Ma in modo particolare, il presidente ha ribadito il suo concetto di una “laïcité positive”, una laicità che rispetta e dialoga con la religione e non la esclude.
Benedetto XVI, invece, ha concluso il suo discorso con un bel Liberté, Egalité, Fraternité.
Intanto questo pomeriggio si prepara a Parigi una manifestazione in difesa della laïcité tout court...

domenica 7 settembre 2008

Una casa della Madonna... di Fatima

Ma questo non era il paese più laico e anticlericale del mondo?
Da quando sono qua, mi capita di incontrare delle manifestazioni di fervore religioso che in Italia ce le sogniamo. O che comunque non mi sarei mai aspettata da queste parti…

Prima fra tutte una lunga processione incontrata a maggio dalle parti di Saint Germain, dove una nutrita folla marciava al canto di “Sacro Cuore di Gesù proteggi la Francia”.
E poi l’emozionante partecipazione alla messa di Saint Gervais, una chiesa proprio dietro il Municipio di Parigi, dove sono entrata per caso una volta durante una passeggiata. Il gran numero di monache prostrate lunghe lunghe sul pavimento e la gente inginocchiata da tutte le parti mi fecero pensare che si trattasse di una cerimonia particolare. E invece era una messa qualunque.

Ma questo è niente in confronto alla cappella della Medaglia Miracolosa!
Proprio accanto alla Grande Epicerie de Paris, la più grande e lussuosa rosticceria parigina, si nasconde uno dei luoghi più sacri della città. La chiesa venne costruita su indicazione della Madonna stessa, apparsa a una monaca del vicino convento. La suora, alla quale non doveva mancare un certo fiuto commerciale, fece coniare una medaglia sul modello dell’immagine che le era apparsa. Da allora i fedeli credono che portare questa medaglia serva ad esaudire qualsiasi preghiera.
Le medaglie sono vendute a pacchi nel negozietto accanto.
Chi vuole saperne di più, può documentarsi al sito ufficiale:
http://www.chapellenotredamedelamedaillemiraculeuse.com/IT/A.asp

Tutto questo l’ho scoperto grazie al mio nuovo padrone di casa, un tizio esattamente l’opposto della mia ex amatissima padrona di casa (e questo non depone a suo favore…). Il tipo, infatti, è un iper-cattolico fanatico, che in confronto Santa Teresa d'Avila era induista.
Oltre ad avermi lasciato una casa lercia in modo disgustoso e un bel po’ di elettrodomestici mezzi rotti, mi ha fatto omaggio di:
1) due taniche da 5 litri di acqua di Lourdes,
2) un’immagine di Padre Pio nello sgabuzzino,
3) un crocifisso appeso sul tavolo da pranzo (mi ha chiesto espressamente di lasciarlo attaccato da qualche parte e, per rispettare il suo desiderio, l’ho trasferito dietro la porta della cucina)
4) delle piastrelle in bagno con la Madonna di Fatima,
5) la riproduzione di un’icona russa rappresentante la Resurrezione di Cristo.

E questo è niente in confronto a quello che c’era quando la occupava lui! Immagini sacre ovunque!!!
Ma non potevo trovare qualcuno normale?

mercoledì 3 settembre 2008

La temibile rentrée

Eccoci finalmente a settembre.
Ricominciano le scuole e quasi tutti sono tornati dalle ferie. Si rinnova l’iscrizione in palestra o al corso di inglese e magari si prova una lezione di pilates.
Questo banale momento dell’anno è vissuto dai francesi come l’arrivo dell’Apocalisse.
Esiste persino un nome preciso: la rentrée, un fenomeno sociale che, a giudicare dai titoloni delle pubblicità, sembra suscitare il panico e la disperazione nella popolazione.
Credo, però, che tale psicosi collettiva sia alimentata dai produttori di beni di consumo, per indurci a spendere di più.
Per superare il trauma della rentrée, infatti, bisogna comprare un nuovo computer, dei nuovi vestiti, delle nuove cartelle, dei nuovi cosmetici, iscriversi a un corso di acquagym o di pittura steineriana. E cosi via all’infinito.

Bhà… in effetti avverto una terribile angoscia all’idea di non aver ancora ripreso i corsi di yoga e di tango…
Il vero stress della rentrée non è la rentrée, ma trovare i modi per superarla!

venerdì 15 agosto 2008

Giorno dell'Ascensione

Metà agosto. Un mese in genere vacanziero, che passa veloce e dove non succede mai granché, in attesa del rientro di settembre.
Quest'anno, invece, mi sta portando grandi novità: un altro lavoro oltre a quello che avevo già, un trasloco in una appartamentino tutto mio, ma, soprattutto, tappa fondamentale della mia pariginizzazione, l'abbonamento al velib' (ovvero: il sistema che permette di prendere in affitto delle biciclette pubbliche).
Bisogna dire che le biciclette non sono molto maneggevoli. In più, essendo cosa pubblica, nemmeno tutto il buon senso civico francese vince la tentazione di maltrattarle e non è sempre facile trovarne una in buono stato. Eppure, il sistema velib' è diventato di moda ed è stato subito adottato con entusiasmo dai parigini.
Il vantaggio principale è poter scorrazzare in lungo e in largo senza preoccuparsi dei furti e di dove parcheggiare. E poi la città è costellata di punti dove prelevarle e rilasciarle.
Viva il velib’!

:-)

lunedì 21 luglio 2008

Si fa quel che si può....

Sono appena tornata da un week end nel Bel Paese: spiaggia, sole e mare.
Per fortuna, non rischio di sentire la mancanza dell'ambiente vacanziero: per il settimo annoconsecutivo, proprio oggi si apre Paris-Plage!
Certo, per chi sa cos'è una spiaggia vera, queste 7 tonnellate di sabbia costantemente igenizzata, spalmata su circa 3 km di lungofiume, sono un triste surrogato. Ma a volte bisogna accontentarsi!

In compenso, questa sera alle 18.30 si inaugurerà la spiaggia con un concerto gratuito. In tema con la presidenza della Francia all'Unione Europea, nientepopodimenoche la 9° Sinfonia di Beethoven.
Seguirà un pic-nic gigante, con paniere offerto a tutti i partecipanti.
Ovviamente andrò a curiosare!


PARTE SECONDA
Eccomi di ritorno dalla missione Paris-Plage. Ma questa spiaggia non è poi così male!
C’è tutto quello che fa estate: palme, gelati, sdraio, lettini, sabbia, docce, calcetto, giocatori di bocce, poliziotti in rollerblade. Manca solo un piccolo particolare insignificante: il mare. Ma la folla numerosissima non sembra soffrire troppo questa mancanza e fa di tutto per spassarsela.
La sera, inutile dirlo, l’area era piastrellata di coperte per gli immancabili pic-nic.

ParisPlage ParisPlage

ParisPlage

ParisPlage

Il concerto davanti l’Hotel de Ville ha risentito non poco della pessima acustica e del fatto che questo mese hanno installato un giardino effimero nella piazza, rendendo davvero difficoltoso distribuirsi davanti il palco. Però la Nona di Beethoven è sempre la Nona e merita in ogni caso.
Bilancio della missione: più che positivo.

mercoledì 16 luglio 2008

Cinéma en plein air alla Villette!

Ullalà! Ieri sera è cominciata la 18esima edizione del Cinéma en plein air alla Villette!
Nessuno dica “echissene”, perché questo è un altro dei grandi classici estivi di Parigi: installano uno schermo gigante all’aperto e al cadere della notte (che in questa stagione avviene quasi alle 22.30) incomincia la proiezione di grandi classici del cinema.
Tanto per cambiare, gli spettatori arrivano molto prima per il picnic di rito.
Comincio a pensare che i parigini abbiano una vera ossessione maniacale per i picnic….

lunedì 14 luglio 2008

Presa della Bastiglia, un anno dopo


Eccomi al mio secondo 14 Luglio a Parigi.
L'anno scorso ero qui in semplice avanscoperta e l'ho vissuto da turista. Infatti mi è sembrato solo un gran baraccone caotico privo di interesse.
Quest'anno, invece, l'ho vissuto da abitante e mi sono davvero divertita.
Il 13 sera ho partecipato a uno dei famosi balli dei pompieri, e mi è talmente piaciuto che ho voluto ripetere anche il giorno dopo!
Infatti, il 13 e il 14 luglio nelle caserme dei pompieri di ogni arrondissement si tiene un grande ballo, a cui prendono parte in gran numero cittadini di ogni età ed estrazione sociale.

Alcune caserme fanno solo una sera, ma quasi tutte ripetono.
Se il giorno dopo il 14 è feriale e si va a lavorare, la serata più interessante è il 13: c’è più gente e meno adolescenti in vacanza. E poi il 14 molte persone preferiscono fare il picnic sugli Champs de Mars e aspettare lo spettacolo pirotecnico dietro la Tour Eiffel.

Il primo ballo è stato alla caserma del 12esimo arrondissement: c’era una band tamarra ma bravissima che faceva cover di musica “pop-rock internazionale”, con un paio di coriste tracagnotte e scatenate che riempivano il palco da sole.

La seconda sera abbiamo scelto il ballo del quarto arrondissement, nel Marais, a quanto pare il più rinomato. Ma c’era meno gente (per i motivi detti sopra) ed è stato meno interessante. Ho atteso fino alle 2 un vociferato striptease di pompieri, ma l’unico risultato è stato perdere l’ultimo metrò.

Ho cercato in internet informazioni sull’origine di questi balli, ma non ho trovato granché.
La versione più diffusa spiega semplicemente che il ballo è un’occasione per la popolazione di riunirsi intorno ai loro “soldati del fuoco” (come a volte sono chiamati qui i pompieri, dato che sono un corpo militare) e per i pompieri di raccogliere fondi.
Sul sito www.lyoncapitale.fr si azzarda una data: il primo ballo si tenne nel 1937 a Montmartre, e il successo fu tale che l’evento venne ripetuto anche gli anni seguenti e copiato dalle altre caserme.
Bhà... L'importante è divertirsi!

sabato 21 giugno 2008

Festa della Musica!

La prima edizione è stata nel lontano 1982. Da allora, ogni anno in tutta la Francia il 21 giugno si festeggia la Festa della Musica.

Un anno fa ho potuto festeggiare nella vibrante Epinal (...), quest'anno a Parigi.

Questa è un'ottima occasione per visitare la città, perché da mattina fino a notte fonda (la metropolitana funziona eccezionalmente tutta la notte) i luoghi più interessanti diventano teatro di concerti di ogni genere.
A dir la verità, oggi ero un po' cotta e ho sfruttato solo le manifestazioni serali…

In attesa del concerto al Louvre

Innanzitutto, siamo andati ad ascoltare il tradizionale concerto dell’Orchestre de Paris sotto la Pyramide del Louvre. Quest’anno ci deliziavano con la Quarta Sinfonia di Tchaïkovski.
Siamo arrivati un’ora e mezza prima dell’inizio e la coda era già lunghissima. Dopo un’altra ora la coda era già raddoppiata. C’era gente appostata dal pomeriggio e che si era portata da fare un picnique!
Nonostante la fila interminabile, ci hanno fatto entrare tutti e sistemare per terra nella hall d’ingresso del museo. Qualcuno saggiamente aveva portato uno sgabello.
La lunga attesa e la scomodità di stare tutto il tempo raggomitolati sul duro pavimento (a metà del quarto movimento non mi sentivo più le gambe) sono stati ripagati dalla musica sublime e dalla bellezza del luogo. Man mano che la musica procedeva, abbiamo visto sopra di noi - attraverso la trasparenza della Piramide - le facciate del museo illuminarsi e il cielo diventare sempre più buio, mentre gli orchestrali si riflettevano nei vetri della Piramide.

A fine concerto, abbiamo vagato per un po’ come tutti fra la folla immensa e i mille concertini fuori da ogni locale, fino a sentire i morsi della fame. Finiti in zona Opera, abbiamo cercato di mangiare in un uno dei tanti ristoranti giapponesi di Rue Sainte-Anne, ma alle undici e mezza tutti i nipponici stavano già chiudendo! Così abbiamo ripiegato un po’ dubbiosi su un ristorante egiziano, Rende-vous au Caire, che è stato invece una piacevole sorpresa. Per di più il week end è aperto fino alle 2 di notte, una rarità a queste latitudini.

La serata è continuata fino a tardi nella Butte aux Cailles, una strada a sud di Place d’Italie, un tempo famosa per i suoi circoli anarchici, oggi posto alla moda per giovani più o meno alternativi. Anche qui, inutile dirlo, musica musica e musica ad ogni angolo e di ogni tipo.

Decisamente una notte fantastica. Voglio la Fête de la Musique tutto l’anno!

sabato 31 maggio 2008

Gardarèm lo Larzac!

Ultimo giorno di maggio e non ho parlato nemmeno una volta dei numerosi dibattiti, rievocazioni, pubblicazioni e trasmissioni che sono stati fatti in Francia per i 40 anni dal Maggio del ’68.
Appunto! Al riguardo sono già stati versati abbastanza fiumi di caratteri tipografici, senza bisogno di aggiungere le mie inutilia.

Ma per parlare un po’ di lotte e movimenti, oggi chiacchieravo con la mia padrona di casa e ho scoperto un episodio della storia recente francese che – come al solito – mi era del tutto sconosciuto: la lotta del Larzac.
Larzac è un bucolico paesino di 115 abitanti, situato placidamente fra campi e pascoli di pecore su un altopiano dell’Aquitania.
Tanta pace agreste non lascia immaginare che il paesello è stato teatro di una contestazione epica e di una vittoria leggendaria del popolo francese.

Nel 1971, lo Stato decide di ingrandire il campo militare del Larzac, occupando terreni destinati al pascolo.
Contadini e pecore rifiutano l’espropriazione e marciano su Parigi al grido di "Gardarèm lo Larzac !" (in occitano: “Conserveremo il Larzac”).
L’opinione pubblica si mobilita in favore dei coltivatori e nel 1973, 100.000 persone, venute da tutta la Francia, si riuniscono sull’altopiano per manifestare il loro appoggio.
La lotta dura fino al 1981, quando lo Stato decide di abbandonare il progetto.

Come si legge sul sito del movimento, «i coltivatori del Larzac hanno mostrato che un gruppo minoritario può resistere a una decisione autoritaria dello Stato. (…)
Esemplare per la sua durata, il suo epilogo, ma soprattutto per le sue caratteristiche peculiari (pratica della disobbedienza, della non-violenza, della solidarietà, dell’autogestione e dello scherno), la lotta del Larzac ha conferito alla regione un potere simbolico forte, oggigiorno ancora molto vivace.
Perché se, per molti, la storia del Larzac si è conclusa con la vittoria del 1981, in realtà è continuata, più silenziosa, grazie alla vitalità di una comunità che ha saputo restare fedele ai suoi impegni iniziali.
La storia continua in principio negli anni 80 con il piano di sviluppo del territorio “liberato”, poi negli anni 90 con la sua gestione, per la quale il Larzac ha aggiunto al suo riferimento in materia di “resistenza popolare”, quello di “laboratorio politico e sociale”.»

La comunità si è consolidata in raggruppamenti fondiari agricoli (Groupements Fonciers Agricoles – GFA), al fine di acquistare terreni strategici nella zona prevista per l’espansione.
I finanziamenti per le acquisizioni furono raccolti vendendo particelle di terreno a cittadini simpatizzanti.

Fra questi simpatizzanti c’è, ovviamente, anche la mia padrona di casa, che al momento è formalmente proprietaria di un metro quadrato di terreno in Aquitania. Adoro questa donna!

mercoledì 7 maggio 2008

Londra: ma perchè piace tanto?

St James's Square - London
Scrivo questo post per raccogliere risposte alla seguente domanda: perchè Londra piace tanto?
E' per via dell'atmosfera cosmopolita? Della sensazione di tolleranza? Della possibilità di conciarsi come si vuole e passare inosservati? Della capacità degli abitanti di mettersi in fila in ogni situazione?
Qualcuno mi spieghi, per favore!

Certo, anch’io ho apprezzato gli splendidi musei (vedi post precedente), i pub rumorosi, i mercatini pittoreschi e i parchi verde smeraldo.
Ma mi è sembrata talmente eterogenea e slegata da non avere una precisa identità.
E poi, il rapporto degli anglosassoni con il cibo è inaudito! I piccoli negozi di alimentari, panifici compresi, sono rarissimi. Si compra tutto al supermercato. A parte i già citati pub, è difficile mangiare in un ristorantino che non faccia parte di una catena.
Solo per questo motivo, trovo che sia una città invivibile :-)


Westmister Cathedral Pub nella City

Ingresso di Fortnum&Maison Trafalgar Square

sabato 3 maggio 2008

Viva la Tate Modern

Giacometti alla Tate
Prima di ogni commento post-rientro dalla Great London, ecco qualche immagine dell'attrazione che ho apprezzato maggiormente: la Tate Modern.

Il grande museo di arte moderna e contemporanea, inaugurato di recente all'interno di un'ex-centrale elettrica, non merita la visita solo per la struttura che lo ospita, come spesso accade per i nuovi grandi contenitori di arte contemporanea, ma più semplicemente per l'esposizione stessa.
L'allestimento è geniale! Nessuna divisione scolastica e pedante in ordine cronologico, ma per cinque grandi tematiche: Material Gestures, Poetry and Dream, Conceptual Models, Idea and Object, States of Flux.

In questo modo vengono messi a confronto artisti di diverse epoche, ma ispirati dagli stessi argomenti. Il visitatore è trattato in modo attivo e stimolato a comprendere le idee che hanno generato le opere, non solo a osservare una sequenza di oggetti.

Quindi, bando ai discorsi del tipo "ma io l'arte moderna non la capisco"!
La visita alla Tate è un solletico per i sensi. Non bisogna capire nulla, solo lasciarsi trasportare e coinvolgere.

Studenti davanti ad un Rotko

Tate Modern

Tate Modern

Ingresso alla mostra Duchamp, Manray, Picabia

sabato 26 aprile 2008

Paris vs London

Fra qualche giorno andrò a Londra a trovare la mia carissima amica Francesca. Così ho deciso di prendere una guida turistica sulla capitale britannica.
Ho scelto una guida Routard, perchè ho già utilizzato la versione italiana per altri viaggi e mi sono sempre trovata molto bene.

Al contrario, la versione francese (quindi originale, dal momento che è qui che nascono le Routard) della guida di Londra mi ha un po’ deluso.
Mi ha irritato soprattutto il fatto che, in linea con le abitudini galliche, appena possibile i luoghi e i monumenti londinesi vengono rapportati alla cosa più simile parigina.
Ma i francesi hanno davvero bisogno di un confronto con i luoghi nazionali per comprendere come sono fatti quelli stranieri?
Pare di si:
Soho: un peu l’équivalent de Pigalle à Paris.
Covent Garden fait vraiment penser aux Halles
(qui, almeno, hanno la decenza di ammettere che Covent Garden è nettamente migliore di Les Halles).
La Royal Academy of Arts possède une école d’art renommée, qui fut créée sur le modèle de l’école française des Beaux-Arts.

Non mancano qua e là osservazioni e allusioni ironiche, che rivelano fra le righe un certo complesso di inferiorità e non poca avversione dei francesi verso gli inglesi. E' evidente, soprattutto, il senso di rivalsa che la capitale francese prova nei confronti di quella inglese.

La chicca è l'introduzione storica al Victorian and Albert Museum:

En 1851, l'Exposition universelle organisée à Hyde Park mettait en concurrence les technologies et le savoir-faire des pays du monde entier. Les Anglais purent constater amérement que l'esthétique des produits manifacturés britannique avait fait les frais de la production industrielle, alors que dans ce domanie les Francais s'en tiraient bien mieux.

Nel 1851, l'Esposizione universale organizzata a Hyde Park mise in concorrenza le tecnologie e le competenze dei paesi del mondo intero. Gli inglesi poterono constatare amaramente che l'estetica dei prodotti manifatturieri britannici aveva fatto le spese della produzione industriale, mentre i francesi in questo campo se la cavavano molto meglio.


E fu per questo che il principe Albert decise di costruire un museo dedicato alle Arti decorative…


Il mese scorso The Economist ha pubblicato un articolo “London and Paris - The rivals”, che mette a confronto le due capitali: http://www.economist.com/world/europe/displaystory.cfm?story_id=10849106
I dati evidenziano la staticità economica e urbanistica della Ville Lumiére, contro il dinamismo di Londra. A Londra vivono circa 200.000 francesi, contro i 22.000 inglesi di Parigi. La divisione in 20 arrondissements di Parigi risale al 1860 e mantiene la superficie della città anacronisticamente minuscola. Al contrario, nel 1965 il comune di Londra si è esteso alla Great London, un agglomerato urbano circa 10 volte la superficie del comune di Parigi.
Mi stupisce persino che i londinesi si possano sentire in competizione con Parigi!
Un pezzo dell’articolo ricorda, infatti, che “officials at London's City Hall bristle at the idea that the two cities can be compared. 'We don't think of ourselves as in competition with Paris,' sniffs John Ross, Mr Livingstone's economic adviser. 'We've won that contest. We measure ourselves against New York.'

venerdì 25 aprile 2008

Pic-nic al Pont des Arts

C'è un ponte sulla Senna che collega l’austero Istitut de France all’ingresso sud della Cour Carrée, cuore del Louvre. È il Pont des Arts – Ponte delle Arti – un ponte pedonale in legno, da cui si può ammirare una delle vedute più caratteristiche di Parigi: da un lato la punta orientale dell’Ile de la Citè, con i suoi languidi salici protesi verso il fiume, e le guglie di Notre Dame, dall’altro lato i grandi palazzi scintillanti del lungosenna e la Tour Eiffel.
La summa del pariginismo e il non plus ultra del romantico.

Qui è tradizione riunirsi con gli amici per fare dei pic-nic. I gruppi più numerosi seduti in cerchio, le coppiette appoggiate al parapetto, tutti provvisti di gran quantità di bottiglie di vino. Si osserva l’acqua scorrere attraverso le fessure del legno, si salutano i turisti che si sbracciano dai battelli di passaggio, qualcuno porta la chitarra e si canta.
Il momento migliore è all’arrivo della sera, quando i colori diventano morbidi e le luci suggestive.

Tanti turisti passano e fotografano i festanti mangiatori, come antropologi che osservano una tribù di pigmei. Chissà perché, non sono tanti quelli che decidono di fermarsi e di imitare gli abitanti. Scandaloso! Se si viene a Parigi nella bella stagione, il pic-nic sul Pont des Arts è d'obbligo!

martedì 15 aprile 2008

il Liga a Parigi

Il Liga a Paris!

Mentre il nostro amato stivale fremeva (?) in attesa degli exit poll delle ultime ennesime elezioni, io assistevo ad uno spettacolo al quale mai avrei immaginato di assistere qui a Parigi: il concerto di Luciano Ligabue!

Premetto che non sono mai andata ad ascoltarlo in Italia, perché mi piace, si, ma con moderazione. Ma, come al solito, ci sono capitata guidata dal caso: Simona è venuta a Parigi in coincidenza con la data del tour europeo, quindi ha pensato di prendere i biglietti e portarmi con lei.
Così mi sono ritrovata, un po’ scettica, a saltare e cantare in mezzo a 2000 individui scatenati, per la maggior parte connazionali, alcuni arrivati apposta dal Bel Paese.
Mi sono divertita da morire!
L’aspetto migliore dello spettacolo era trovarsi dentro una piccola sala, La Cigale, un antico teatro di Pigalle, e poter vedere il palco così da vicino. In Italia il caro Luciano riempie gli stadi ed è impossibile avvicinarsi tanto alla sua faccia. Qua era come averlo in cucina che si prepara un caffè.

il Liga a Parigi!

venerdì 21 marzo 2008

Grandinate di Marzo

Ieri era il primo giorno di Primavera, e per cominciare bene oggi è venuta giù una grandinata a mitragliatrice. E poi è tornato il sole.
Pare che le grandinate di Marzo siano una caratteristica del tempo parigino, una caratteristica che nemmeno l'effetto serra e il buco nell'ozono sono ancora riusciti a modificare.

Ieri era anche Capodanno! Infatti, cosa significa festeggiare l’inizio dell’anno in un giorno insignificante come il primo Gennaio? Il vero principio dell’anno è il primo giorno di Primavera, il momento della rinascita della natura, del risveglio dei sensi, del ritorno alla luce dopo i grigi mesi invernali.
È quello che pensano, per esempio, i curdi e altri popoli iranici.

Ieri sera, grazie a vie traverse, ho partecipato alla festa di Capodanno - Newroz - organizzata dal Centro Culturale Curdo di Parigi. È stato molto interessante, oltre che divertente. Hanno allestito un ricco buffet in una grande sala offerta dalla Regione Ile-de-France. C’era una piccola orchestra che suonava le musiche tradizionali e tutti quanti ballavano stretti in cerchio, tipo mammutones sardi.
Ho conosciuto un musicista del Kurdistan iracheno, che ha studiato al conservatorio di Venezia e che mi ha raccontato un po’ il suo punto di vista sull’attuale situazione in Iraq. I curdi, a differenza degli sciti e dei sunniti, che si stanno scannando nel caos più assoluto, hanno ricevuto solo vantaggi dalla cacciata di Saddam e si augurano che gli americani restino ancora a lungo sul territorio. Sono riusciti a costruire una Provincia autonoma piuttosto stabile e si gestiscono senza disordini.
L’università della capitale accoglie anche molti insegnanti stranieri.
Come mi sono sentita ignorante quando mi ha detto che l’attuale Presidente iracheno è curdo!
Basta, devo tornare a interessarmi di cosa succede nel mondo…

Newroz a Paris - Foto di MV

domenica 16 marzo 2008

Piccoli giardini nel centro di Parigi

Il WC di casa mia riserva sempre delle piacevoli sorprese (per chi non lo sapesse, nelle case francesi la coppa del cesso è separata da resto del bagno ed è confinata tutta sola in uno sgabuzzino). Questo grazie alla mia padrona di casa, che l’alimenta costantemente di nuovi libri e riviste. Purtroppo, non si cura mai di ordinare o eliminare i volumi precedenti, dando origine ad un caos intriso di polvere appiccicosa.
È così che, per esempio, ho letto il mio primo Tin-tin in francese. Ed è così che ho scoperto “Où trouver la calme à Paris” (Dove trovare la calma a Parigi). Il libro fa parte della nutrita collezione Paris à nous, edita da Parigramme, tutta dedicata a come vivere Parigi al meglio. Da come trovare un appartamento, a dove mangiare e comprare africano, fino ai consigli per chi possiede un gatto.
Questo “Dove trovare la calma a Parigi” deve essere uno dei primi titoli, perché l’edizione del mio WC risale a 10 anni fa. Quindi è poco attendibile.
Ma la lista dei parchi più tranquilli e nascosti della città può essere ancora utile.
La uso come spunto per rivisitare - o visitare per la prima volta - una serie di piccoli giardini, tutti vicino al centro e adatti ad una sosta rigeneratrice.


Il Marais
Per quanto il Marais sia uno dei quartieri più conosciuti e più descritti nelle guide, rimane sempre una miniera di angolini nascosti e di “forse non tutti sanno che”. È sorprendente soprattutto la quantità di piccoli spazi verdi, che spuntano improvvisi fra le case antiche.

Si può cominciare dall’Hotel de Sens, a sud di Saint Paul. L’Hotel de Sens è un hotel particulier (un “hotel particulier” non è un albergo, ma una antica residenza privata) trasformato in biblioteca pubblica. Dalla parte opposta all’ingresso della biblioteca è stato ricostruito un grazioso giardino alla francese, ovvero un giardino dove la natura è iper-controllata e misurata. L’elemento caratteristico sono le siepi basse disposte a formare disegni geometrici o sinuosi.

Giardino dell'Hotel de Sens


Dall’Hotel de Sens si risale verso il Marais vero e proprio. Dalla caotica Rue Saint Antoine, piena di gente e negozi, si accede ad una piccola oasi di pace: l’Hotel de Sully, un hotel particulier riconvertito a spazio espositivo. Superato il maestoso portone, si scopre un delizioso giardino dove svolazzano gli uccellini. Una porta nell’angolo in alto a sinistra immette direttamente nella celebre Place de Vosges.

A due passi da Place de Vosges c’è il Musée Carnavalet, il Museo della Storia della Città. Oltre ad essere un luogo divertente pieno di oggetti curiosi (e in più l’ingresso è gratuito), all’interno è custodito un pregevole giardino alla francese. Molti turisti lo scorgono attraverso i cancelli dorati in Rue Francs Bourgeois e non sanno che se girassero l’angolo ci potrebbero entrare!

Giardino del Musée Carnavalet



Square Georges CainAlle spalle del Musée Carnavalet si aprono altri due minuscoli parchi, divisi da una fila di bassi edifici. Il più tranquillo è lo Square Georges Cain, mentre il giardino adiacente, in Square L. Achille, ospita dei giochi per bambini e quindi è molto più rumoroso.
Di fronte allo Square Georges Cain, l’ennesimo Hotel Particulier accoglie l’Istituto di Cultura Svedese. L’istituto è dotato di un caffè in stile ikea, con tavolini sparsi nel bel cortile. Da notare i panini confezionati ad arte e pieni di ogni bendiddio.



Fra Saint Germain de Prè e la Tour Eiffel (6°e 7° arrondissement)
La zona intorno Saint Germain de Prés è davvero povera di luoghi piacevoli dove rilassare un po’ le gambe. Per trovare ristoro bisogna scarpinare fino al magnifico Jardin de Luxembourg, che ad ogni modo ripaga del tutto della camminata. In alternativa, vale la pena di spostarsi verso Nord e raggiungere il Lungosenna. Dalla chiesa di Saint Germain, si raggiunge il fiume attraverso Rue Bonaparte. Qui, il viaggiatore supera distratto i bei palazzoni dell’Ecole des Beaux Arts, mentre varrebbe la pena di entrare a curiosare.
L’Ecole è un misto di edifici di stili diversi, di pezzi di antichi monumenti recuperati e gettati fra le erbacce, di installazioni degli studenti in mezzo ai cortili. Il risultato complessivo è una pittoresca disarmonia, altrimenti detta “pugno in un occhio”. Però è divertente scoprire un patio dove è stata appesa l’intera riproduzione del fregio del Partenone, oppure un piccolo giardino un po’ incolto, o ancora gli atelier dove lavorano gli studenti, o la sontuosa Cour Vitré, un ampio cortile ottocentesco (ora in restauro) coperto da un tetto di vetro.

Cour du Murier - Ecole des Beaux Arts


In alternativa, sempre dalla chiesa di Saint Germain, si può scendere in Rue de Rennes e poi girare a destra in Rue de Sèvres. Qui si entra nel 7° arrondissement. Poco prima della fermata della metropolitana Sèvres-Babylone, si passa accanto ad una stradina pedonale, Rue Récamier, che finisce in un minuscolo parco pubblico. Il giardinetto è un luogo inaspettato e silenzioso. È interamente circondato da palazzi e quindi d’inverno non ci batte spesso il sole. Questo lo rende il secondo posto più umido di Parigi, dopo la Senna.

Jardin Récamier


Proseguendo lungo Rue de Babylone, ci si imbatte in un parco grande e arioso, molto diverso dal precedente: il Jardin Catherine Labouré. Il luogo era l’orto di un convento di suore e mantiene ancora il suo impianto campagnolo e i suoi alti muri, le aiuole squadrate, gli alberi da frutto e un pergolato coperto di vite. Il nome è dedicato ad una giovane religiosa che visse nel convento e a cui apparve la Madonna.

Jardin Catherine Labouré


Verso la fine di Rue de Babylone si incontra un edificio talmente curioso che vale la pena di citarlo, anche se non si tratta di verde pubblico. È la Pagode, un cinema ricavato all’interno di una pagoda in stile giapponese, costruita nell'800 da un imprenditore francese.

La Pagode


Ad ogni modo, il giardino più bello del 7° arrondissement - e uno dei più belli di Parigi - è senz’altro il giardino del Musée Rodin. Il museo è allestito in un maestoso Hotel particulier settecentesco, piantato in mezzo ad un affascinante giardino dall’aria sempre brumosa anche sotto un sole splendente, dove meditare contemplando le riproduzioni delle sculture più famose di August Rodin. Per visitarlo non è necessario accedere al Museo: esiste un ingresso a parte e si paga solo un euro.

venerdì 22 febbraio 2008

Les Chinois (ovvero: la strada dell’informatica)

Anche Parigi ha la sua piccola mecca per i fanatici di informatica: Rue Montgallet.
Questa tranquilla strada poco lontano dalla Gare du Lyon, è un susseguirsi ininterrotto di negozietti che vendono ogni genere di aggeggi inerenti il mondo del computer.
Quando si parla di Rue Montgallet, si dice semplicemente “la strada dei Cinesi”, perché la maggior parte dei proprietari sono cinesi.
Quindi, se siete a Parigi e avete un improvviso disperato bisogno di un masterizzatore DVD, di una RAM da 2Gb a 800Mhz o un Hard disk esterno da 160Gb (attenzione: se chiedete un hard disk non capiscono, dovete chiedere un “disque dur”…) potete fare un salto dai cinesi.

Per inserire la visita ai cinesi all’interno di un circuito turistico, potete partire da Place de la Bastille e percorrere tutta la piacevole Promenade Plantée, la passeggiata costruita convertendo al verde un antico viadotto ferroviario. Arrivati in fondo alla passeggiata, nel grande spiazzo verde dei Jardin de Reully, si può scendere nella strada parallela alla Promenade, ovvero Avenue Daumenil, e risalire un poco in direzione della Bastiglia. Rue Montgallet è la prima traversa a destra.
Per tornare alla Bastiglia, risalite tutta Avenue Daumenil e lasciate che gli amici, stravolti dalle ore passate ad analizzare i microchip della vostra nuova scheda madre, osservino gli atelier artigianali, i negozi di design e gli studi di architettura ospitati sotto le arcate dell’ex-viadotto.

A proposito… Se passate da avenue Daumenil entro il 16 Marzo, non perdetevi la piccola ma geniale esposizione al VIA (Valorisation de l’Innovation dans l’Ameublement): “Matièrs à cultiver”. Sono esposti alcuni oggetti, soprattutto mobili e complementi per la casa, creati con bio-materiali a base vegetale. Gli studenti di architettura accorrono estasiati con carta e matita per ricopiare i modelli.

mercoledì 20 febbraio 2008

Guadagnare meno per vivere meglio?

Il primo numero del 2008 del Courrier International (il settimanale che pubblica in francese gli articoli più interessanti dei principali giornali mondiali. L’equivalente di “Internazionale” in Italia) era dedicato alla “decrescita”.
La copertina lanciava, a tutto campo, un titolo provocatorio:
LAVORARE
MENO
PER GUADAGNARE
MENO
E VIVERE MEGLIO

Inaudito! Ma che significa? E le bollette chi le paga?

Il dossier ha avuto talmente successo, che la redazione ha deciso di renderlo interamente disponibile sul sito della rivista:
http://www.courrierinternational.com/evenement/decroissance/vivre-mieux.asp

Nell’introduzione al dossier si legge:

Nicolas Sarkozy non smette di ripetere: “I francesi vogliono lavorare di più per guadagnare di più”. Forse il Presidente sbaglia epoca. Altrove, in Svezia, in Nuova Zelanda, nel regno Unito, sono numerosi coloro che hanno intrapreso un cammino diverso. Riducendo il loro tempo di lavoro, volgendo le spalle all’iperconsumismo, scegliendo la condivisione e l’aiuto reciproco, proteggendo l’ambiente. Li chiamano gli adepti della semplicità volontaria. E il 2008, con o senza recessione, potrebbe vedere le loro idee diffondersi.

Alcuni, spiega il dossier, scelgono la “semplicità volontaria” per motivi ideologici, con l’intento di rifiutare il modello di vita consumistico imposto dal marketing.
Altri la sostengono, piuttosto, come una necessità di fronte all’aumento dell’inquinamento e dei prezzi.
Scopro così di essere adepta inconsapevole di un movimento mondiale (vedi post del 17 gennaio sul mio attuale stile di vita: “Godo dei piccoli piaceri della vita, perché non posso permettermi quelli grandi”).

Forse la “semplicità volontaria” è una moda, come lo sono spesso l’ecologia, il biologico, il macrobiotico, il vegetariano, l’ayurveda, i fiori di Bach, le campane tibetane, ecc ecc.
Ma forse si tratta davvero di un’esigenza inevitabile, un modo per imparare a convivere con un futuro che alcuni dipingono inquietante.
Nel primo articolo, estratto dal The New Zeland Herald, si legge:
Con la crescita dei prezzi degli alimenti, il peso dell’energia nel budget e lo spettro sempre presente del crollo del mercato immobiliare, tutti potrebbero presto doversi sforzare di vivere meglio con meno.

Volete dire che dovrò imparare a rammendare i calzini, invece di andare a comprarmene di nuovi da H&M????

Mi convincono poco gli esempi di mega-manager che hanno rinunciato a stipendi da 100.000 dollari l’anno, per difendere i diritti dei ciclisti o per coltivare verdure.
Si tratta di persone che hanno rinunciato a qualcosa, perché avevano molto a cui rinunciare!

Ho trovato più interessante l’ultimo articolo, di George Monbiot del The Guardian.
Per chi non conoscesse il francese o non trovasse l’originale in inglese, ne do una mia – sicuramente pessima – traduzione in italiano, per la quale spero di non essere citata in giudizio dall’autore:

Se siete sensibili, vi consiglio di girare pagina.
Mi appresto a spezzare uno degli ultimi tabù universali: spero che la recessione predetta da alcuni economisti si avveri.
Riconosco che la recessione è qualcosa di doloroso. Come tutti, sono consapevole che ad alcuni farà perdere il lavoro e la casa.
Non nego queste conseguenze, né le sofferenze che infliggerebbero, ma rispondo che sono il prodotto perfettamente evitabile di un’economia concepita per massimizzare la crescita, e non il benessere. Ciò di cui vorrei far prendere coscienza è ben poco menzionato: al di là di un certo punto, la sofferenza è anche il frutto della crescita economica.
Il cambiamento climatico non provoca solo un declino del benessere: oltrepassato un certo limite, lo fa sparire. In altri termini, minaccia la vita di centinaia di milioni di persone. Qualunque siano i loro sforzi per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, i governi si scontrano con la crescita economica. Se il consumo di energia aumenta meno velocemente man mano che un’economia arriva a maturità, alcuni paesi non sono ancora riusciti a ridurla aumentando il proprio prodotto interno lordo.
Nel Regno Unito, le emissioni di biossido di carbonio sono più elevate che nel 1997, soprattutto a causa dei 60 trimestri di crescita consecutivi di cui non cessa di vantarsi il Primo Ministro Gordon Brown. Una recessione nei paesi ricchi rappresenta senza dubbio l’unica speranza di guadagnare tempo al fine di evitare che il cambiamento climatico divenga incontrollabile.
L’enorme miglioramento del benessere degli esseri umani in tutti i campi – alloggi, nutrizione, igiene, medicina – negli ultimi cent’anni è stato reso possibile dalla crescita economica, oltre che dall’educazione, dal consumo, dall’innovazione e dal potere politico che lo ha permesso. Ma fino a dove può arrivare la crescita? In altre parole, in che momento i governi decidono che i costi marginali della crescita superano i benefici marginali? La maggior parte di noi non ha una risposta a questa domanda. La crescita deve proseguire, nella buona e nella cattiva sorte. Mi sembra che, nei paesi ricchi, abbiamo già raggiunto il punto dove bisogna fermarsi per logica.
Al momento, vivo in uno dei luoghi più poveri del Regno Unito. Qui, gli adolescenti spendono molto dal parrucchiere, si vestono all’ultima moda e sono dotati di un telefono cellulare. La maggior parte di loro che hanno l’età per guidare possiedono una macchina, che usano in continuazione e distruggono in qualche settimana. La loro spesa in benzina deve essere astronomica. Sono liberi della terribile povertà di cui soffrivano i loro nonni; ce ne dovremmo rallegrare e non scordarlo mai. Ma, a parte una grande eccezione – l’alloggio, di cui il prezzo è sopravalutato -, chi oserà sostenere che è impossibile soddisfare i bisogni fondamentali di tutti nei paesi ricchi?
I governi adorano la crescita perchè li dispensa dal combattere le ineguaglianze. Come ha fatto notare un giorno Henry Wallich, un ex-governatore della Riserva federale americana [dal 1974 al 1986], difendendo il modello economico attuale, “la crescita è un sostituto all’eguaglianza dei redditi. Finché c’è la crescita, c’è la speranza, e questa rende tollerabili le grandi differenze di reddito.”
La crescita è un sedativo politico che soffoca la contestazione, permette ai governi di evitare scontri coi ricchi, impedisce di costruire un’economia giusta e duratura. La crescita ha permesso la stratificazione sociale che persino il Daily Mail [quotidiano conservatore] oggi deplora.
Esiste qualcosa che si potrebbe ragionevolmente definire indicatore di benessere e che i ricchi non hanno già?
Tre mesi fa, il Financial Times ha pubblicato un articolo sul modo in cui i grandi magazzini si sforzano di soddisfare “il cliente che è veramente arrivato”. Ma il punto implicito è che nessuno è “arrivato”, perchè la destinazione non smette di cambiare. Il problema, spiega un dirigente di Chanel, è che il lusso è “sovrademocratizzato”.
I ricchi devono dunque spendere sempre di più per uscire dal mucchio: negli Stati Uniti, il mercato dei beni e servizi destinato ad aiutarli in questo, pesa quasi 1000 miliardi d’euro all’anno.
Se volete essere certi che non vi si possa confondere con un essere inferiore, ormai potete comprare delle pentole in oro e diamanti da Harrod’s.
Senza alcuna ironia volontaria, l’articolo era accompagnato dalla foto di una bara. Si trattava di una replica di quella di Lord Nelson, fabbricata con il legno proveniente dalla nave dove era morto, che ci si può regalare ad un prezzo esorbitante nella nuova sezione del negozio Selfridges dedicata al superlusso.
Sacrificare la propria salute e la propria felicità per potersi pagare questo orrore testimonia di certo un disagio mentale grave. Non è il tempo di riconoscere che abbiamo toccato la terra promessa e che dovremmo cercare di restarci? Perché dovremmo lasciarla per esplorare un deserto infangato dalla frenesia dei consumi seguiti da un crollo ecologico? Per i governi del mondo ricco, la politica ragionevole da seguire ormai non è quella di mantenere dei tassi di crescita più vicini allo zero possibile? Ma, poiché il discorso politico è controllato da persone che hanno come principale scopo l’accumulazione dei soldi, una tale politica sembra impossibile.
Per quanto spiacevole, è difficile immaginare quello che, a parte una recessione accidentale, potrebbe impedire alla crescita economica di espellerci dal paese di Cana per spedirci nel deserto.

venerdì 15 febbraio 2008

Parigini un po’ stundai?

Come è facile essere soli “in questo popoloso deserto che appellano Parigi” (come canta Violetta Valery nella Traviata).

È facile nel senso che lo spaesamento della grande città costringe spesso ad una solitudine forzata. Ma anche nel senso che, una volta soli, la città stessa offre molte opportunità per godere con piacere della propria solitudine.
I parchi sono pieni di gente che passeggia o legge, senza alcuna compagnia. E non è raro che i tavolini dei bistrot siano occupati da un singolo avventore solitario.
Insomma: gli abitanti, invece di cercare di essere più socievoli, cercano di trarre vantaggio dal proprio isolamento.
Ne consegue, tra l’altro, il clichè del parigino antipatico e sprezzante (clichè esteso, per contiguità, a tutti i francesi).

Ad ogni modo, ho l’impressione che la famosa inclinazione dei parigini ad essere un po’ arroganti ed altezzosi non sia dovuta al disprezzo verso il prossimo, bensì all’incapacità di instaurare rapporti con gli altri, nonostante lo si desideri.
Per usare una parola genovese, sono un po’ stundai.
Eugenio Montale ha dato un’ottima definizione del termine “stundaio”:

Atteggiamento tipico di orgoglio e timidezza, misto a diffidenza. La pratica quotidiana del mugugno, un certo complesso di inferiorità nei confronti dell’altro, bilanciato dal senso di superiorità morale.

Questa è solo una mia teoria. Alcuni italiani che vivono qua, dicono che i parigini sono semplicemente stronzi.
Ma bisogna sempre distinguere la causa dall’effetto….

giovedì 14 febbraio 2008

Il Difensore del Tempo

L’area intorno al Centre Pompidour è nota come il Quartier de l’Horloge.
Ma dov’è questo benedetto orologio?

Gli isolati a nord del museo sono stati costruiti nuovi di zecca nel 1979. Gli architetti hanno voluto dare al complesso un’aria retrò: edifici di varie altezze, raccolti intorno ad una ampia corte dove cinguettano invisibili uccellini (ma ci saranno veramente o è una registrazione?).

Vagando per la corte, si viene colti dalla sorpresa, e anche un po’ dal disgusto, dall’apparire inaspettato di un ammasso ferroso, sgraziato e pesante.
Una specie di scheletro vestito, con le gambe divaricate e piegate come se stesse per sedersi sul WC, punta nel vuoto una spadina, mentre da sotto incombe un gigantesco lucertolone squamoso.
Trattasi del “Il Difensore del Tempo”. La targa sottostante spiega che l’ammasso è un:

Orologio ad automatismi
ordinato dalla COGEDIM
a Jaques Monestier nel 1975.
Inaugurato l’8 ottobre 1979
dal Sindaco di Parigi
Jaques Chirac

Apprendo così che il famoso Quartier de l'Horloge deve il suo nome non – come immaginavo - ad un antico orologio, posto qui da secoli ad indicare l’ora, ma a questo marchingegno sconosciuto e nascosto.
Apprendo inoltre che Jaques Chirac è stato sindaco di Parigi, ben prima di diventare Presidente della Repubblica.
Apprendo infine che il tempo ha dei nemici, che non riesco proprio ad identificare, e di conseguenza ha bisogno di qualcuno che lo difenda.

Un tristissimo cartello rosso avvisa: AUTOMATISMO GUASTO.

Il Difensore del Tempo - Quartier de l'Horloge

mercoledì 13 febbraio 2008

Rue de la Tombe Issoire (favola della buonanotte)

Il Gigante Isoré

C’era una volta, al tempo dei re (e delle regine!) del Medioevo, un gigante chiamato Isoré, re di Coimbra in Portogallo, alto come tre uomini.
Nascosto nella foresta che, all’epoca, arrivava fino alle porte di Parigi, aspettava che arrivassero i pellegrini diretti a Santiago de Compostela.
Li spaventava, li depredava e a volte li uccideva.

Queste orribili malefatte giunsero alle orecchie del re! Egli convocò i suoi migliori cavalieri.
Tutti furono sconfitti dal gigante.
Il re mandò a cercare il prode Guillame d’Orange, che viveva da eremita nelle montagne delle Cevenne.

Alla fine di un combattimento feroce, Guillame riuscì a decapitare il gigante. Ma Isoré era così grande e pesante, che la popolazione decise di sotterrarlo sul posto.

Il luogo diede il nome a Rue de la Tombe Isoré (via della Tomba Isoré), che, col tempo, divenne Rue de la Tombe Issoire.



Questa leggenda spiega il curioso nome di una strada nella parte meridionale del 14esimo arrondissement, una zona tranquilla e signorile, che non lascia immaginare un passato tanto cruento.

Se si passa all'incrocio di Rue de la Tombe Issoire con Rue Alesia, si incontra proprio il gigante Isorè, appollaiato su una mensola che spunta dal muro di una scuola elementare.

Una targa riporta che:

Dopo due anni, i bambini della Scuola Materna di rue de la Tombe Issoire, con la direttrice Jany Loriot e tutto il corpo insegnati della scuola, fanno rivivere la leggenda d’Isorè, all’interno di un progetto pedagogico.
Perché tutti, alunni, genitori, abitanti, si approprino di questa leggenda, il 14esimo Dipartimento di Parigi, il Consiglio di Quartiere Montsouris-Dareau, Jean Moulin – Porte d’Orléans e Mouton Duvernet, hanno affidato alla scultrice Corinne Béoust la realizzazione di una replica “grandezza naturale” d’Isoré, che sarà istallata per diversi mesi sul muro della scuola.

Il Gigante Isoré

mercoledì 6 febbraio 2008

Gli asini di Castelbuono

Questa sera, al telegiornale delle 20 di TF1 (una delle reti principali francesi), hanno trasmesso un servizio sul paesino siciliano di Castelbuono, provincia di Palermo.
Il piccolo villaggio é salito agli onori della cronaca perché impiega gli asini nella raccolta della spazzatura. Infatti gli asini sono molto più economici e silenziosi dei camion.
Il servizio, olte ad essere una curiosità da far crepare d'invidia Clemente Mimun e il suo "TG2 Costume e Società", metteva in contrasto la soluzione bucolica dell'ameno paesello con l'ormai onnipresente monnezza napoletana, che é valsa all'Italia l'ennesima sanzione UE.
In Italia hanno parlato degli asini di Castelbuono?

lunedì 4 febbraio 2008

I Francesi e Sarkozy : divorzio

Questo il titolo di oggi sulla prima pagina di Liberation, a commento delle fresche nozze fra Nicolas Sarkozy e Carla Bruni.
Dopo il matrimonio, il consenso del Presidente è calato di altri 13 punti.
Accanto al titolo, una grande vignetta. Il basso e racchio Nicolas stringe l'ammaliante Carla e dichiara: "Vi piace il mio potere d'acquisto?"

n.d.r. Questa storia del potere d'acquisto è l'ultima ossessione francese. In certi panifici parigini la baguette ha superato di gran lunga l'euro e sono tutti impazziti.

sabato 26 gennaio 2008

Veolia chi?

Come mi ero promessa (vedi post precedente), sono andata a leggere l'articolo scritto dal mio amico sulle pagine di italieaparis.net, riguardo lo smaltimento degli ormai celebri rifiuti napoletani.
L’articolo, oltre a fornire ai gallici un quadro generale della situazione, fa notare che la multinazionale francese Veolia sarà probabilmente l’unica azienda in corsa per l’eliminazione della spazzatura.
Si rimanda poi ad un interessante articolo di Antimafia dal titolo "Zanotelli: Allarme Veolia, la multinazionale vuole gestire rifiuti e acqua a Napoli".

Ma chi è questa Veolia?

Faccio una breve ricerca su internet e scopro la più grande compagnia idrica del mondo, che fornisce l'acqua potabile a 108 milioni di persone e ricicla i rifiuti per 74 milioni, sparsi in 84 paesi diversi.
Gestiscono persino il 20% dell’Acquedotto de Ferrari Galliera, quello che alimenta i “brunzin” genovesi!
Sul sito del gruppo italiano spiegano:

Il nostro impegno:
Soddisfare, giorno per giorno, le esigenze essenziali delle popolazioni nel rispetto delle risorse naturali.
Il nostro mestiere:
Siamo l'unico gruppo mondiale la cui attività sia completamente dedicata ai servizi all'ambiente e che sia in grado di declinare tutta la gamma nelle sue quattro componenti: l’acqua, la pulizia, i servizi energetici e il trasporto.
La nostra ambizione:
rafforzare la nostra posizione di n°1 mondiale dei servizi all'ambiente presso municipalità e gruppi industriali, ovunque nel mondo, proponendo soluzioni che abbinino efficacia economica, eccellenza tecnica e considerazione della dimensione sociale.

Ma che bravi, sono commossa.

Molto interessanti le informazioni trovate su transnationale, un sito che fornisce il profilo di 12000 aziende di tutto il mondo, con relativo “ethical ratings”.
Da qui risulta che Veolia vanta attività in 7 paradisi fiscali, è stata denunciata per 9 atti di delinquenza finanziaria, 6 atti di corruzione diretta o di lobbying, 3 pratiche dubbie in campo marketing e pubblicità e 3 atti di inquinamento considerevole.

E io che bevevo l’acqua del rubinetto per non alimentare le multinazionali delle acque minerali!!!

martedì 22 gennaio 2008

Ultime notizie

Mastella-mozzarella, papa-day, città-spazzatura e governi che cadono come foglie d'autunno.
In questi giorni, le notizie che filtrano all'estero sull'Italia sono più sconfortanti che mai.

In compenso, oggi un ragazzo italiano che vive qui mi ha fatto una rivelazione interessante: i giornali francesi si dilettano a spargere litri d'inchiostro sulla faccenda spazzatura a Napoli, ma nessun quotidiano gallico dice che una società francese ha intenzione di buttarsi nel business dello smaltimento di questi rifiuti.
Il mio amico scriverà un articolo al riguardo nel suo sito http://www.italieaparis.net/ .
Sono curiosa di saperne di più...

sabato 19 gennaio 2008

Natura morta con gatto


Natura morta con gatto e macchina per caffè profondamente politically uncorrect.
Ma che m'importa! Con la fatica che m'è costata portarla dall'Italia.....


Nel viaggio di ritorno dalle vacanze natalizie mi sono attenuta il più possibile al modello "italiano all'estero": valigia piena di passata di pomodoro, pasta, riso e pesto.

Avevo anche un trancio di speck e un quarto di caciocavallo.

giovedì 17 gennaio 2008

Filosofia di vita

Godo dei piccoli piaceri della vita, perché non posso permettermi quelli grandiHo ripescato dal mio archivio fotografico un'immagine catturata l'anno scorso a Barcellona.

Ero seduta al tavolo di un bar. Accanto a me un giornale messo a disposizione dei clienti. Mi é caduto l'occhio su questa vignetta, che credo illustri bene il mio attuale stile di vita:

Godo dei piccoli piaceri della vita...
perché non posso permettermi quelli grandi.

martedì 8 gennaio 2008

la Périphérique (4)

Anno nuovo, progetto nuovo!
Ma dato che ho deciso di festeggiare il Capodanno Cinese, per ora l’obiettivo è finire il progetto cominciato il mese scorso: la caccia al peggio della Périphérique, la cintura che racchiude Parigi (vedi i 3 post precedenti).

Eccomi quindi alla terza e ultima tappa dell’esplorazione.

Parto da Porte de la Villette in direzione Porte de Clignancourt.
In questo tratto il paesaggio è periferia pura: un vialone infinito e tristissimo, dove si allineano capannoni industriali e qualche condominio anni ’70, già in rovina.
Non manca nemmeno la solita baracca sotto il ponte della ferrovia.
La concentrazione umana è pari a quella dello Stretto di Bering. Qui non abita nessuno!!!

Condomini solitari verso Porte de la Chapelle

Cavalcavia e baracca a Porte de la Chapelle



Arrivati a Porte de Clignancourt, il paesaggio cambia all’improvviso: rispuntano case, persone e negozi. L’umanità è modesta ma decorosa.
Poco dietro il rumoroso Boulevard Ney, mi inoltro in un impasse piuttosto fatiscente (Gli Impasse sono delle piccole strade chiuse nascoste per tutta Parigi, tranquille e quasi paesane, inusuali e sempre sorprendenti. L’esatto contrario dei Grand Boulevard haussamaniani). Da notare, nella foto, il sacchetto di teste d’aglio appeso accanto la finestra.

Impasse Alexandre Lecuyer

Proseguendo verso ovest aumenta a dismisura la concentrazione delle tipiche case popolari a corte parigine, costruite a inizio ‘900.
Concepite per ospitare la classe operaia, sono decisamente migliori dei palazzoni disumani del dopoguerra. In genere si tratta di più fabbricati attaccati e distribuiti a ferro di cavallo intorno ad un ampio cortile alberato, dove si aprono gli ingressi dei singoli immobili. L’esterno è ricoperto da piccoli mattoni beige e rossi, spesso disposti a formare piacevoli decorazioni.
Questo è il genere di costruzioni dove vivo attualmente!

Man mano che ci inoltriamo verso lo scicchissimo 17esimo Arrondissement, l’atmosfera e gli edifici cambiano di nuovo. I palazzi sono sempre più eleganti e i negozi sempre più scintillanti.
Per avere un esempio, basta dare un’occhiata a questa palazzina monofamiliare in Boulevard Berthier, un tempo abitata dal celeberrimo pittore orientalista Geroges Antoine Rochegrosse (ma cos’è un “pittore orientalista”?) e al panificio alsaziano posto proprio di fronte.
Qui salgo sull’autobus PC1, per tornare al punto di partenza del mio giro, Pont du Garigliano.


Edificio in Boulevard Berthier Boulangerie in Boulevard Berthier

Ormai non c’è più nulla da fotografare. Si passa lungo l’ancor più chic 16esimo Arrondissement, protetto per tutto il suo confine occidentale dal Bois de Boulogne.
Sotto i miei occhi sfilano abitazioni imponenti e prestigiose.
Da qui si può prendere il Tram T3 e ricominciare il giro da capo…