giovedì 28 giugno 2007

Un salto a Nancy


Place Stanislas


Questa mattina ho potuto passare un paio d'ore nel centro di Nancy.
Senza esitazione, ho cominciato la visita dal luogo più famoso: Place Stanislas, la grande piazza monumentale voluta dal polacco Stanislas Leszczynski, genero di Luigi XV. Dal momento che il cognome è impronunciabile, gli abitanti di Nancy hanno saggiamente preferito nominare la piazza col solo nome di battesimo.
La particolarità del monumento sta nella cancellata dorata che circonda la piazza. La recinzione in ferro battuto è ornata ovunque da complesse decorazioni floreali, che scintillano vivaci appena esce un raggio di sole. A due dei quattro angoli, le statue di due grandi fontane si contorcono fra gli zampilli. Persino i lampioni sono avvolti da tralci dorati, mentre in cima svetta la corona reale.

Subito dopo mi sono incamminata attraverso la città vecchia. Forse non è stata una buona idea, perché le strade sono occupate principalmente da ristoranti e brasserie, a quell’ora chiusi, e l’effetto è stato un po’ desolante. Anche la cattedrale era chiusa! E per di più, in questo momento è interamente fasciata dalle impalcature dei restauri, quindi non potuto vederla né dentro né fuori.
La delusione è stata in parte compensata dalla vista della Torre della Commenda Saint-Jean du Vieil-Aître, un nome ridondante per una costruzione possente.

Avrei fatto meglio a dedicare più tempo alla parte ottocentesca della città, quella celebre per i numerosi edifici in stile Art nouveau. Purtroppo, appena arrivata nei bei viali pieni di gente e di bei negozi, sono dovuta tornare indietro!
Sarà per la prossima volta…

sabato 23 giugno 2007

Colmar - ordine e progresso

Oggi, finalmente, mi sono mossa dal paesello loreno per fare una gita a Colmar.

Il viaggio fino a Colmar è stato molto piacevole. Siamo risaliti fino al Passo di Stosswihr, che segna il confine fra Lorena e Alsazia, attraverso pascoli, campi e boschi da fiaba, fino a varcare il confine alsaziano. Qui lo stile delle case cambia radicalmente e diventa tedesco puro.
Abbiamo fatto una sosta veloce a Munster per vedere le cicogne appollaiate sui tetti e per assaggiare il formaggio locale. La gustosa toma ha subito trasformato la nostra macchina in una camera a gas.


Il centro storico di Colmar è un gioiellino ad uso e consumo dei turisti: grazioso, romantico e ordinato.
L’atmosfera è comunque affascinante, soprattutto nella zona detta la “Petite Venice” (appena c’è un canale con un ponte qualcuno grida alla Piccola Venezia).
Luoghi come questi sollevano nella mia mente latina, oltre al piacere e all’ammirazione, alcuni dubbi:
1) Come fanno a tenere tutto così pulito? E soprattutto, perché noi non ne siamo capaci?
2) Ma tutti ‘sti fiori alle finestre ce li mette l’ente del turismo?
3) Dove nascondono i barboni?

I turisti nordici in Italia devono sentirsi in un girone infernale, quando vagano per le nostre strade…

giovedì 21 giugno 2007

In esilio sui Vosgi

Martedì è iniziata la mia - per il momento rocambolesca - avventura francese.

La prima tappa è Epinal, un grazioso paesello della Lorena (la regione della famosa quiche), 70 km a sud di Nancy. Il paese è minuscolo e si visita tutto, fin sotto i tombini, in mezza giornata.
C'è una bella chiesa gotica, qualche strada caratteristica, la Mosella che scorre placida e linda, il mercato con i prodotti locali.
In poche parole: una noia mortale. Sono qui da nemmeno 48 ore e già comincio a pensare: "ma perchè ho deciso di autoesiliarmi?".
Volevo approfittare del luogo per fare un po' di pratica con la lingua, ma per il momento il mio livello è zero e non vado oltre "une baguette, s'il vous plaît".
Ma che importanza ha?! Intanto a luglio comincio il sospiratissimo corso di francese a Parigi! E invece no: proprio ieri la Mairie del 14esimo, che organizza il corso, ha risposto alla mia richiesta: respinta!!! Ma ho mandato il modulo 3 mesi fa! Non potevano dirmelo subito?
Come se non bastasse oggi è piovuto quasi tutto il tempo.
Sono questi i momenti in cui vorrei essere una drogata alcolista. Purtroppo sono una fanatica salutista astemia rompiballe e posso confortarmi solo con un debole e incredulo ottimismo.

Nonostante le premesse sconfortanti, è ancora presto per tirare le somme.
Salvo ripensamenti, ho ancora un mese di permanenza in terra francese. Riuscirò ad imparare la lingua e rivoluzionare la mia esistenza?

mercoledì 30 maggio 2007

Berlino

Quando dico di amare moltissimo Berlino, la maggior parte delle persone storce il naso: ma come? Una città tedesca? Chissà come sarà fredda, rigorosa, noiosa, ordinata e pulita in modo maniacale…
Meglio dimenticare gli stereotipi inculcati da 50 anni di film sulla seconda guerra mondiale pieni di sadici gerarchi nazisti: Berlino è unica e non ha nulla a che vedere con quello che siamo abituati a pensare della Germania.
Prima dell’unificazione, Berlino era considerata dai tedeschi stessi come un mondo a parte. Soprattutto chi viveva nella parte Ovest godeva di un trattamento particolare, per esempio il servizio militare non obbligatorio o incentivi sull'acquisto della casa. Ne è conseguito un trasferimento massiccio di perditempo, artistoidi, anarchici, alternativi e varia umanità che hanno dato vita alla Berliner Luft: l’atmosfera libera e creativa che si respira ancora in città.

Kaiser Wilhelm Gedächtnis Kirche

Meglio dimenticare anche le rigide strutture tipiche della maggior parte delle città europee: una piazza più o meno monumentale che ne è il cuore, la cattedrale circondata dal centro storico, vari monumenti antichi distribuiti tutto intorno.
A Berlino non troverete nulla di tutto questo.
Sopratutto non esiste un centro. Stanno cercando di crearne uno nuovo di zecca nella scomparsa Potsdamer Platz, la piazza distrutta dalla costruzione del muro. Si tratta però di un luogo fantasmagorico e bizzarro, che ben rappresenta la Berlino di oggi. È un’area fluttuante, composta da più nuclei su una superficie molto estesa (e non hanno ancora finito…). Chi la percorre è invitato a continui cambi di prospettiva e impressioni: spazi chiusi, aperti, verdi, acquatici, circolari, verticali, trasparenti, pieni, colorati. Una vertigine per i sensi.

Girando per le strade si avverte spesso una sensazione di precarietà e distanza.
Unica certezza: chi torna a Berlino non la troverà mai uguale alla volta precedente.

Potsdamer Platz

giovedì 10 maggio 2007

Gita al faro

Un po' a corto di spunti escursionistici, Elena ed io proseguiamo l'esplorazione del monte di Portofino.

Nonostante la rara antipatia della proprietaria dell'unico panificio e la pessima focaccia che ci propina, il pranzo vicino al faro è paradisiaco.

Molti gitanti che arrivano in battello a Portofino si limitano a scrutare, morbosi, i grandi yacht parcheggiati nel porticciolo. Al massimo risalgono fino alla chiesa di San Giorgio.
Ma alla vista del cartello che indica "Faro" vengono colti da inaudita pigrizia . E non sanno cosa si perdono!
Basta una mezz'oretta di cammino per raggiungere il capo del faro. Si avanza su e giù lungo una creuza tortuosa, sfiorando le mura di magnifiche ville invisibili, e infine si arriva in vista di una torre bianca ritagliata sullo sfondo blu scuro del mare. In questo tratto brevissimo la roccia è scoscesa da entrambi i lati e pare di volare fra i tronchi dei pini marittimi. Le radici dei grandi alberi si aprono come le reti dei pescatori e reggono tutta la montagna.

Dal faro del monte di Portofino

martedì 8 maggio 2007

giovedì 3 maggio 2007

Sant Jordi a Barcellona

Racconto con un po’ di ritardo la mia esperienza barcellonese.

Ho passato la settimana intorno il 23 aprile a Barcellona, ospite a casa dei miei amici Giulia e Paolo (per tacer dell’imminente Clelia). Ho scelto questa data perché in questo giorno si festeggia Sant Jordi, il patrono della Catalunya, e volevo vedere la città in un momento particolare.

Sono partita piena di curiosità, perché in genere tutti parlano con entusiasmo di Barcellona, ma temo che i motivi che spingono molti ad apprezzarla siano proprio gli stessi che mi hanno lasciato perplessa, primo fra tutti la “sensazione di sentirsi come a casa”. Non che mi piaccia sentirmi a disagio fra popoli ostili e usanze incomprensibili, ma per “sentirmi come a casa” in genere me ne sto a casa.
Appena arrivata in Placa de Catalunya sono stata travolta da una fiumana di gente, la maggior parte della quale parlava italiano nei più svariati dialetti e accenti. Era come stare in una mini-italia, con le persone al posto delle riproduzioni della torre di Pisa e di San Pietro. E va bene, viaggiando a ridosso del 25 aprile forse me lo sarei dovuto aspettare, ma tutto sommato credevo di andare in Spagna!
Insomma, il primo impatto non è stato del tutto positivo.
Altro errore: ho percorso itinerari troppo “da turista”, col risultato che tutto quello che ho visto era invaso da centinaia di stranieri con cartina e macchina fotografica, e questo non mi ha certo aiutato ad entrare nell’anima della città.
Uhm… magari ci torno in un periodo più tranquillo e scegliendo percorsi alternativi…

La festa di Sant Jordi è stato un momento un po’ diverso. Prima di tutto aprono dei monumenti normalmente chiusi negli altri giorni, oppure ci sono aperture gratuite di musei di solito a pagamento. La mia amica ed io siamo andate un paio di giorni prima a chiedere l’elenco delle iniziative alle Informazioni turistiche dietro l’Ayuntamiento.

Cortile gotico del Palau de la Generalitat di Barcelona

Così la mattina del 23 ci siamo messe in coda per visitare il Palau de la Generalitat, in Placa San Jaume. E’ valsa la pena aspettare più di mezz’ora per entrare, perché il palazzo è davvero bello. Molto meno interessante, invece, il Palau de l’Ayuntamiento.

Nello stesso giorno, i banchetti che di solito occupano la Rambla sono sostituiti da bancarelle di fiori e libri. Infatti, secondo la tradizione gli uomini regalano una rosa all’amata e le donne un libro all’amato. Già dal mattino si vedono in giro moltissime donne con una rosa rossa in mano, facendo intuire che gli uomini barcellonesi siano molto attenti alle loro partner (oppure molto attenti alle tradizioni).

Sant Jordi ardent

Comunque, fra tutte le cose che ho visto, quella che più mi ha impressionato non è stata la Sagrada Famiglia, la Boqueria, il Park Guell, il Barrio Gotico, il Palau della Musica e gli altri spettacolari monumenti che si trovano sparsi per la città, bensì veder costruire un castell.
E’ stato quasi un caso: Giulia ed io tornavamo a casa la sera e abbiamo notato un cartello che annunciava un incontro di castellers il giorno dopo nella Rambla del Poble Nou. Siamo andate a vedere e sono rimasta sbalordita.
Il castell è la piramide umana tradizionale della Catalunya, formata dalla sovrapposizione di diverse persone (i castellers) in piedi ognuna sulle spalle dell’altra. La bravura, ovviamente, sta nel dar vita a una piramide più alta possibile.
I castellers cominciano a spingersi l’uno verso l’altro per creare una base solida e compatta. Su questa base salgono 2, 3 o più persone che formano il primo piano. Appena si sono sistemati e stretti saldamente fra loro, sulle loro spalle sale uno stesso numero di persone e così via per diversi piani. Mentre vengono “scalati”, i castellers stringono coi denti i baveri delle camice per non farsele strappare.
In cima a tutti sale un bambino: appena raggiunge la cima saluta con un bacio la folla e poi ridiscende velocemente scivolando lungo i corpi di chi lo ha sostenuto.

Quando ho descritto questo spettacolo a Paolo come “potente”, ha riso per due ore. Ma lui non l’ha visto e non può rendersi conto dell’energia e dell’adrenalina che si vengono a creare! E’ davvero un’emozione intensa e coinvolgente, perché la torre di persone è viva e freme tutta, senti la fatica di chi sta in basso e la difficoltà di chi sale in alto. Partecipano tutti, uomini, donne e bambini, incitandosi a vicenda.



E’ la rappresentazione perfetta dello spirito di aggregazione e di appartenenza della comunità catalana, che non perde occasione per far notare la propria unicità e la propria distanza dal resto della Spagna. Ed è proprio questa coesione e collaborazione che ne determina la forza. Semplicemente emblematico.